Equi­tà ge­ne­ra­zio­na­le nel­la pre­vi­den­za per la vec­chia­ia

10 Giugno 2021

La riforma sulla vecchiaia nella fontana della giovinezza

Tratti approssimativi di una previdenza equa per le future generazioni: le proposte dei partiti giovanili per eliminare la situazione di stallo delle riforme creata dai politici affermati. Un'alleanza dei partiti giovanili borghesi-liberali vuole finalmente rendere più equa la previdenza. Una presidente e tre presidenti spiegano come intendono portare avanti la riforma della previdenza per la vecchiaia.

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Il porto sicuro della previdenza per la vecchiaia

«Cosa pensa la popolazione in merito alla previdenza per la vecchiaia?» Questo è uno dei temi del Monitor sicurezza ASA. Michael Hermann, direttore dell'istituto di ricerca Sotomo, interpreta i dati.

Meno di un quarto degli interpellati sente di avere una copertura perfettamente adeguata nella previdenza per la vecchiaia. È quanto emerso dal Monitor sicurezza ASA. Qual è il problema?

Michael Hermann: La situazione precaria della previdenza per la vecchiaia è profondamente ancorata nella consapevolezza della popolazione. È risaputo che sempre meno persone attive devono finanziare un numero sempre maggiore di pensionati. Inoltre il sistema è talmente complesso che soprattutto i giovani non sanno bene cosa accade con il proprio denaro.

Portrait Michael Hermann

«Cosa pensa la popolazione in merito alla previdenza per la vecchiaia?» Questo è uno dei temi del Monitor sicurezza ASA. Michael Hermann, direttore dell'istituto di ricerca Sotomo, interpreta i dati.

Per quale ragione è così difficile attuare delle riforme?

Di principio, le persone sono consapevoli del fatto che così non può andare avanti. I più anziani pensano però di navigare in acque tranquille, vedono già il porto sicuro del pensionamento e questo frena la pressione di attuare delle riforme. Per i giovani la questione è invece ancora molto lontana, si tratta solo di discussioni teoriche. Ma vi è anche un altro aspetto: stabilità, sicurezza e nessuna riduzione delle rendite sono obiettivi profondamente ancorati nella popolazione. Una riforma viene però sempre collegata a delle rinunce. Per questa ragione la popolazione vuole rimandare quanto più possibile la decisione.

 

Nel 2019 il 40 per cento degli interpellati non riteneva affatto soddisfatto il proprio bisogno di sicurezza nella previdenza per la vecchiaia, nel 2020 questo valore è sceso ulteriormente al 31 per cento.

Dopo il fallimento, nel 2017, della riforma delle rendite la consapevolezza dell'urgenza è molto aumentata. Il «sì» alla riforma fiscale e al finanziamento dell'AVS (RFFA) nel 2019 ha allentato un po' la pressione. Sebbene la riforma della previdenza per la vecchiaia sia tuttora in corso, il cambiamento climatico e le discussioni sulle questioni del genere l'hanno fatta passare in secondo piano.

 

E ora il tema dominante è il coronavirus?

Esatto. Inoltre, secondo me l'effetto accessorio della crisi legata al coronavirus è che debiti statali e trasferimento di ingenti somme di denaro vengono considerati temi meno problematici. Ci si abitua al fatto di poter contare su una rete di protezione. La logica è la seguente: se lo Stato può salvare l'economia stanziando miliardi di franchi, perché allora non può salvare anche la previdenza per la vecchiaia? In occasione dell'ultimo sondaggio questi effetti erano solo all'inizio. Sono curioso di vedere quanto ancora cambierà il rapporto con lo Stato.

 

Cosa significa questo per il primo e il secondo pilastro?

È interessante osservare come la popolazione voglia valorizzare il secondo pilastro perché considerato più sostenibile rispetto al primo. Al contempo viene intaccata la percezione del secondo pilastro come previdenza personale. Anche a livello politico in questo pilastro vengono inseriti molti più elementi legati a ridistribuzione e ripartizione.

 

La popolazione vuole comunque ampliare le prestazioni dell'AVS?

No, ma la domanda è: il secondo pilastro deve essere una previdenza personale pura e semplice?

 

Quali approcci di riforma hanno possibilità di trovare il consenso della maggioranza della popolazione?

In generale l'aumento dell'età di pensionamento delle donne viene valutato in modo positivo. Trova consensi anche la durata del lavoro calcolata sull'arco della vita attiva. È inoltre sorprendente vedere quanti consensi trovi anche l'idea di ridurre l'AVS a chi percepisce salari elevati.

 

Non è un'idea praticabile?

Sappiamo che la popolazione non è disposta ad accettare di percepire una rendita inferiore. Togliere dei privilegi è sempre molto difficile. Se si vuole mantenere il livello delle rendite si impongono approcci innovativi.

È necessaria una riforma LPP di successo per tutti noi

Commento di Patric Olivier Zbinden

Quando studiavo giurisprudenza, circa 20 anni fa, nel mondo della previdenza professionale sembrava andare ancora tutto bene. A testimonianza di ciò, basti pensare ai seguenti due elementi centrali: l’aliquota di conversione
legale e il tasso d’interesse minimo LPP, entrambi esplicitamente espressi in cifre nella legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità. Già all’epoca, il 7,2% dell’aliquota di conversione non era più attuale. E se vogliamo dirla proprio tutta, al momento dell’entrata in vigore della LPP nel 1985, il valore era già superato e si basava sull’aspettativa di vita più bassa degli anni ’70. Quanto al tasso d’interesse minimo LPP del 4%, durante gli studi avevo preso nota che il valore era volutamente stato definito (così) basso, in modo da poter essere raggiunto senza problemi in qualsiasi possibile e immaginabile situazione di investimenti di capitale. Perfettamente logico se si considera che poco prima del nuovo millennio i rendimenti annui medi degli investimenti erano del 7-8%, anche con una quota obbligazionaria elevata. Allora, tutto sembrava andare bene.Oggi il mondo è cambiato. Ci siamo resi conto che il mercato dei capitali, ossia il terzo contribuente nella previdenza professionale accanto ai datori di lavoro e ai dipendenti, periodicamente può crollare del tutto. E ci siamo resi conto che la previdenza professionale finanziata secondo il sistema di capitalizzazione funziona solo se esiste un equilibrio tra la costituzione di capitale e il relativo consumo. In caso contrario, è inevitabile che si insinui e s’insedi un elemento di ripartizione.

Portrait Patric Olivier Zbinden

Patric Olivier Zbinden è responsabile Clienti aziendali e membro della direzione della Basilese Assicurazioni. Presiede il comitato Vita dell’ASA.

Abbiamo però anche avuto conferma della stabilità e del valore del nostro sistema dei tre pilastri, e di quanto vada preservato; un sistema facilmente comprensibile per chiunque si accinga ad approfondirlo. Eppure, è un tema che molti affrontano solo prima del matrimonio, della nascita di un figlio, eventualmente di un divorzio o dell’acquisto di un immobile. Spesso purtroppo addirittura più tardi. Quando 20 anni fa in qualità di studente mi sono confrontato relativamente presto con l’argomento, ero convinto di averne colto l’essenziale. La complessità delle disposizioni del sistema dei tre pilastri in generale e della previdenza professionale nello specifico diventa evidente solo nel momento in cui si cerca di riformarle e adattarle a nuove circostanze. Dobbiamo trovare una soluzione che funzioni e sia soddisfacente per tutti i gruppi d’interesse. La situazione impone un’azione forte e urgente.

Sono due gli aspetti che mi rendono fiducioso: da un lato, il fatto che la necessità di agire rapidamente sia chiara a tutte le parti coinvolte, dall’altro, i numerosi esperti che conoscono a fondo il complesso quadro normativo della LPP con le sue interdipendenze e interrelazioni. Questi ultimi sono in grado di scomporlo, adattarlo e successivamente comporlo nuovamente; così da sgravare nell’immediato l’economia dai costi insostenibili; così da garantire ai più un ragionevole equilibrio tra obbligo e libertà di risparmio, grazie al quale poter accumulare, durante l’attività lucrativa, mezzi sufficienti al mantenimento dello «standard di vita abituale» nella terza età; così da tenere in debita considerazione la generazione di transizione all’entrata in vigore della riforma e così da consentire alle persone con un reddito più basso e ai lavoratori a tempo parziale una previdenza migliore.

È risaputo che le insidie stanno nel dettaglio. Pertanto, dobbiamo essere consapevoli che è giunto il momento di imboccare la giusta direzione: limitarci ad avviare la riforma non basta, bisogna anche attuarla. Se perdiamo questa occasione, la prossima si ripresenterà solo tra qualche anno e nel frattempo l’impellente esigenza di una riforma si accentuerebbe inutilmente.