«I ri­schi rea­li ven­go­no sot­to­va­lu­ta­ti da mol­ti»

Intervista19 Giugno 2023

Sebbene le parole «pandemia» e «cyber» siano in voga, la consapevolezza del rischio nella popolazione è aumentata ben poco. René Harlacher, Chief Underwriting Officer di Zurich Svizzera e membro del Comitato non vita dell’ASA, spiega le sfide che questo comporta e perché soprattutto i grandi eventi sono sormontabili solo congiuntamente. 

Signor Harlacher, la pandemia, la guerra in Ucraina, le catastrofi naturali: negli ultimi anni non ci è stato risparmiato nulla. Cosa significa per il settore assicurativo? 

Tutti questi eventi hanno un grande impatto sulla nostra società e, naturalmente, anche sul settore. Inoltre, evidenziano i punti deboli relativi all’assicurabilità dei grandi eventi. Uno dei nostri compiti è quello di sviluppare e mostrare soluzioni adeguate. 

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Eppure oggi, per fare un esempio attuale, non disponiamo ancora di un’assicurazione contro le pandemie. 

Il settore assicurativo ha elaborato una proposta per un’assicurazione capillare contro le pandemie. Sfortunatamente la soluzione non ha trovato appoggio, motivo per cui la Confederazione ha sospeso il progetto. Tuttavia, questo non cambia il nostro mandato principale: dobbiamo mostrare alla politica e alla società dove esistono dei rischi e come possiamo contrastarli in caso si verifichino. 

Iniziavamo ad intravedere la fine della pandemia che è sopraggiunta la guerra in Ucraina. Che conseguenze ha avuto questa sul settore? 

Molto estese e complesse. Per esempio, a maggio 2022 la Zurich ha chiuso la sua filiale in Russia e si è ritirata da questo mercato. Naturalmente, la guerra influisce anche sul lavoro quotidiano. In seguito alle sanzioni internazionali, ad esempio, i contratti esistenti con i partner russi d’un tratto non erano più validi. E poi, naturalmente, la guerra ha avuto un forte impatto sull’economia reale e sui mercati finanziari, che perdura ancora oggi. 

Come gestite tutte queste crisi? 

Lavoro nel settore da quasi 20 anni, ma non ho mai sperimentato personalmente un simile susseguirsi di crisi e disastri. Per il settore assicurativo, che per sua natura è fortemente orientato al lungo termine, questa repentinità comporta grandi sfide. 

«Lavoro nel settore da quasi 20 anni, ma non ho mai sperimentato personalmente un simile susseguirsi di crisi e disastri.»

Questi eventi contribuiscono ad aumentare la consapevo­ lezza dei rischi nella popolazione? 

Si potrebbe ipotizzare di sì. Secondo la nostra esperienza, tuttavia, è piuttosto il contrario. La moltitudine di eventi ha portato a una sollecitazione eccessiva e probabilmente anche a una certa rassegnazione. 

Può fare un esempio? 

Quando in primavera la terra ha tremato in Siria e in Turchia, lo sgomento è stato naturalmente grande anche nel nostro Paese. Allo stesso tempo, questo terribile evento non ha scatenato la reazione che mi sarei aspettato. Ad esempio, non c’è praticamente stata alcuna discussione pubblica riguardo alla possibilità che un evento del genere possa colpire anche la Svizzera e su come saremmo protetti in questo caso. Anche se sappiamo da tempo che il pericolo di un terremoto è reale, purtroppo rischi come questo vengono sottovalutati da molti.

Se non altro, il Parlamento sta attualmente discutendo il modello del sistema di impegni eventuali. Quest’ultimo prevede che i proprietari di immobili partecipino finanziariamente alla ricostruzione in caso di grave terremoto. Potrebbe essere una via percorribile? 

Il settore è contrario a questa proposta insufficiente. Dal nostro punto di vista il cosiddetto impegno eventuale dà una falsa sicurezza: non offre una copertura completa, poiché non include i beni mobili. Inoltre la proposta corrisponde piuttosto a una tassa retroattiva che a un’assicurazione preventiva.

Quali sono invece gli auspici del settore? 

Il terremoto è un rischio assicurabile: attualmente i proprietari di immobili hanno la possibilità di stipulare un’assicurazione privata contro i terremoti. Tuttavia, solo il dieci percento circa di tutti i proprietari lo fa. In altre parole: nel caso in cui si verificasse un evento, ci troveremmo ad affrontare sfide enormi, come è avvenuto per la pandemia. 

Noi riteniamo sia necessaria una soluzione obbligatoria, alla stregua del pool danni della natura. 

 

E per quanto riguarda il settore informatico? 

I ciber-rischi sono estremamente dinamici. Inoltre, a causa della mancanza di esperienza, non sappiamo con certezza quali sarebbero le conseguenze di un grave evento in questo ambito. A differenza di altri rischi, nel caso dei ciber-rischi il settore ha ancora pochi dati a disposizione perché il rischio è emerso recentemente. Una cosa però è chiara: come per le pandemie, anche nel settore informatico esistono rischi non assicurabili. Un attacco di questo tipo potrebbe assumere una portata tale da non poter essere coperto solo da noi in quanto settore assicurativo. 

«Occorre sostenere la stretta collaborazione tra Confederazione, settore assicurativo e società anche nell’ambito informatico.»

Cosa è necessario fare quindi? 

Occorre sostenere la stretta collaborazione tra Confederazione, settore assicurativo e società anche nell’ambito informatico. In definitiva, ogni singolo individuo deve dare il proprio contributo. 

 

La digitalizzazione consente agli assicuratori di sviluppa­ re prodotti sempre migliori. Cosa significa questo in rap­ porto ai rischi maggiori? 

La digitalizzazione, e la relativa disponibilità di dati in particolare, ha un forte impatto sulla nostra attività. Soprattutto in caso di eventi naturali come le inondazioni, disponiamo di grandi serie di dati che ci aiutano ad attuare misure preventive. 

 

Per concludere, azzardiamo uno sguardo al futuro: quali condizioni quadro si augura nel 2040 per quanto riguarda la gestione dei grandi rischi? 

Non possiamo evitare eventi importanti come pandemie, terremoti o attacchi informatici in futuro. Ma possiamo fare in modo di essere il più preparati possibile. Questo richiede però il coinvolgimento di tutte le parti interessate. Purtroppo, nel clima politico attuale, unire le forze risulta difficile. Mi auguro quindi che il principio di solidarietà torni a funzionare con più forza in politica e tra la popolazione.