Non tut­to è as­si­cu­ra­bi­le

Commento10 Giugno 2021

Alla fantasia non sono praticamente posti limiti quando bisogna elencare tutto ciò che può essere assicurato. Ma per quale motivo esistono ancora cose solo difficilmente assicurabili oppure assolutamente non assicurabili, anche se volessimo assicurarle?

In passato le assicurazioni cose consentirono il commercio globale via nave, più tardi si assicurarono anche i beni materiali delle persone singole. Nel diciannovesimo secolo, quando si era ancora così audaci da trasferire i sobri criteri economici alla vita umana, sono state allestite persino assicurazioni sulla vita. Sulla scia dell’industrializzazione, il principio di assicurazione era uno dei principali progressi sociali, con cui ci si prometteva una nuova forma di aiuto sociale, come in effetti avveniva. Nel settore assicurativo in costante sviluppo l’obiettivo era sempre quello di alleviare i destini individuali attraverso un commisurato collettivo. Lo strumento del calcolo statistico di probabilità consentì al contempo la razionalizzazione della solidarietà.

Oggi è ormai diventato impossibile immaginare la nostra vita senza le assicurazioni individuali e sociali. Che si tratti di merci, immobilizzazioni materiali o oggetti di valore, malattia, infortunio o invalidità, animali domestici, veicoli o viaggi, casi giuridici, perdita del raccolto e disavventure di ogni genere: alla fantasia non sono praticamente posti limiti quando bisogna elencare tutto ciò che può essere assicurato. Perché è così importante per noi? E per quale motivo esistono ancora cose solo difficilmente assicurabili oppure assolutamente non assicurabili, anche se volessimo assicurarle?

Le assicurazioni creano sicurezza

Le assicurazioni servono da un lato a creare sicurezza laddove non ce n’è. Posso partire ad esempio dal presupposto che ciò che mi appartiene mi può essere tolto soltanto in misura limitata, poiché in ogni caso mi verrà sostituito. Se il parafango della mia auto presenta un’ammaccatura, verrà sostituito con uno nuovo. E fino a qui, il sistema è sicuramente funzionale. Ma che cosa succede se in caso di effrazione vengono rubati oggetti ricevuti in eredità? Certo, il loro valore può essere quantificato e sostituito in denaro; tuttavia, il loro valore affettivo, il ricordo dei genitori, dei nonni o degli antenati che rappresentano tali oggetti va perso per sempre. Dall’altro le assicurazioni devono ridurre i rischi, o almeno le conseguenze, considerato che i rischi stessi non si possono scongiurare. Le assicurazioni sociali provvedono affinché le vicissitudini della vita come la disoccupazione o la malattia vengano quantomeno alleviate finanziariamente. Ma anche in questi casi, riducono sicuramente le preoccupazioni relative al proprio sostentamento, ma non garantiscono una vita soddisfacente.

In fondo, le assicurazioni servono per minimizzare i rischi, al fine di poterli sostenere comunque. Le imprese sono avventure con grandi obiettivi: Colombo con la sua spedizione voleva scoprire l’«America», mentre una start-up odierna intende conquistare il mondo con il suo algoritmo. Un’assicurazione può rappresentare l’elemento decisivo e fare la differenza affinché ci si imbarchi effettivamente in questa avventura. Nessuna assicurazione può però garantire che l’impresa abbia anche successo, considerate le molteplici circostanze e incognite. In caso di insuccesso sono disponibili determinati indennizzi, come ad esempio la garanzia statale contro i rischi di esportazione, ma anche questa garanzia presuppone azioni imprevedibili o non influenzabili da parte di terzi. Anche se al successo spesso contribuisce la fortuna: senza perseveranza e duro lavoro raramente si raggiungono gli obiettivi. Pertanto, ciò che può e deve essere prestato con le proprie forze non va trasferito su un collettivo. Questi esempi dimostrano dunque che possono essere assicurati i valori reali oggettivi, gli indennizzi computabili e i rischi calcolabili; non è invece assicurabile il valore intrinseco, il proprio stato emotivo e il dover affrontare la propria vita.

La sicurezza non è assicurabile

Presumibilmente è proprio qui che risiede la sfida principale della nostra società benestante: comprendere che non si può assicurare la prosperità, incluso il senso di benessere ad essa connessa. La nostra sicurezza non può essere assicurata. Per quanto possa sembrare difficile, dobbiamo accettare il fatto che restano incertezze alle quali solo noi da soli possiamo far fronte e nessun altro. Ma cosa significa ciò per la nostra vita e la nostra società? Effettivamente ci sono delle ragioni obiettive che rendono difficile assicurarci – tanto per citare un esempio attuale – contro una pandemia: visto che non è né localizzabile in maniera univoca, né chiaramente calcolabile a causa delle svariate possibili conseguenze. Anche se si trovasse una soluzione per questi casi, un’assicurazione potrebbe comunque difficilmente influire sul modo in cui un individuo affronta gli eventi negativi e le rispettive conseguenze.

Se alcuni si disperano e senza prestazioni di sostegno o quantomeno la prospettiva di usufruirne restano inebetiti e incapaci di reagire, altri si riorientano, incassano il colpo e cambiano. Non bisogna però giudicare perché certi ci riescono e altri invece no, dato che i motivi sono molteplici. Tuttavia, emerge che non tutte le persone hanno bisogno di sostegno in uguale misura quando si trovano in situazioni difficili. Come pure non tutti sono disposti a provvedere integralmente agli altri. Ogni attenuazione di un destino individuale richiede una solidarietà collettiva. E da che mondo è mondo la solidarietà deve essere reciproca: posso fare affidamento sugli altri, dato che loro possono fare affidamento su di me in caso di bisogno.

La vita resta un azzardo

Pertanto, laddove non esiste o non è possibile creare un destino collettivo, non può funzionare nemmeno alcuna assicurazione. In conclusione ciò significa che il modo in cui viviamo la nostra vita è nelle nostre mani. Spetta a noi decidere. E un po’ come in amore: non possiamo influire sulla direzione che prenderà, ma per fare in modo che dall’amore nasca una relazione felice, che nel migliore dei casi duri per tutta la vita, occorrono attenzioni, impegno e avvedutezza. 

Gli stoici si allenavano a non disperarsi per il proprio destino, bensì ad accettare la vita così come veniva – in altre parole: ad accettare ciò che non si può cambiare. Gli epicurei invece sapevano godersi la vita, trovare il lato buono anche nei periodi difficili e considerare ogni singolo giorno come un regalo. Ancora oggi possiamo imparare da loro. Poiché anche se desideriamo la sicurezza e ci piacerebbe addirittura poterla assicurare: la vita resta un azzardo e affrontarla è il nostro compito. Ed è giusto che sia così, poiché è proprio questo il senso della vita.